Amianto: Pensione rivalutata al lavoratore esposto se ha lavorato oltre dieci anni sotto rischio
Sentenza n. 9848 del 9/11/2001 - Tribunale di Bari - Sezione Lavoro
Con ricorso depositato in data 30.5.1996, il
ricorrente in epigrafe conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice del Lavoro di
Bari, la …………….. S.p.a., l' Inail e l'
Inps, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., per sentir
condannare la prima al pagamento, in favore dell' Inail,
del premio supplementare (per esposizione al rischio amianto), nonché a
fornire il curriculum con le mansioni svolte; chiedeva, poi, che l'
Inail recuperasse il predetto premio, con il conseguente rilascio
dell'attestato ai sensi della legge n.257/1992 ed, infine, la condanna dell'Inps
alla rivalutazione dei contributi versati in suo favore, per gli effetti della
normativa su citata.
I convenuti si costituivano, contestando il ricorso e chiedendone il rigetto.
Espletata attività istruttoria, la causa veniva discussa e decisa come da
dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La peculiarità della fattispecie in esame risiede nella qualifica rivestita
dal ricorrente, alle dipendenze della ...........
Il geom……….é stato, infatti, il responsabile della filiale di …….dal 1 ottobre
1978 al 31 dicembre 1993, dove anche risiedeva con la sua famiglia; ha dedotto
di essere stato esposto, per tutta la durata del suo rapporto di lavoro, a
polveri di amianto derivanti dalla continua lavorazione e movimentazione dei
manufatti in amianto-cemento commercializzati presso la filiale e di essersi
poi recato, in virtù delle sue mansioni, presso i cantieri e presso gli
stabilimenti di produzione.
Tale complesso di circostanze di fatto è stato incontestabilmente comprovato
dall'istruttoria svolta.
Infatti, tutti i testi escussi (anche quelli addotti dalla resistente) hanno
confermato che presso la filiale di……., si effettuava la lavorazione delle
lastre di amianto "rovinate", onde recuperarle, mediante l'utilizzo della
taglierina (usata certamente fino al 1975) e poi con i c.d. "flessibili"; che,
quando avveniva il taglio si sprigionava polvere di amianto cemento, che si
diffondeva in tutta l'area della filiale, depositandosi in particolare sui
davanzali delle finestre degli uffici, dell'abitazione del……….(cfr. testi
Sigg.ri……………..i quali hanno affermato che si diventava tutti "bianchi").
A tal proposito assume rilevanza la descrizione dell'ambiente lavorativo del
ricorrente, fornita dagli stessi testi e rappresentata da una planimetria in
atti: la tipologia, cioè, di tutte le filiali della Società……..consisteva in
un'area di 3000-5000 mq, composta da un ufficio commerciale, una tettoia di
qualche centinaia di mq e la parte restante consistente in un
piazzale-deposito all'aperto.
Tutti i testi hanno riferito che le operazioni di taglio dei pezzi difettosi
avvenivano sotto la tettoia; inoltre, è stato acquisito che la media della
durata delle stesse era pari a 4-5 ore al giorno ed il Sig……seguiva tali
operazioni di recupero.
I testi hanno anche riferito che il ricorrente si recava sui vari cantieri
oltre che presso gli impianti di produzione.
Inoltre, è stato prodotto un accertamento compiuto dall'Istituto di Medicina
del Lavoro di………, che conclude che, sin dal 1975, presso la filiale si era
riscontrata una concentrazione media annuale di fibre di amianto superiore
allo 0,1 cm cubi, come valore medio su otto ore giornaliere.
Alla stregua di tali risultanze risulta, allora, comprovato l'unico
presupposto - di natura fattuale - rilevante richiesto dalla normativa
invocata dal ricorrente, e cioè l'art. 13, c. 8, della legge n. 257/1992 [1].
Il giudicante ritiene cioè concretamente accertato che il ricorrente è stato
professionalmente esposto ad amianto, per una durata superiore ai dieci anni,
atteso la sussistenza presso l'azienda datrice di lavoro di un rischio
"ambientale", determinato dalla tipologia delle lavorazioni e dalla
conformazione dell'ambiente stesso (avvalorato ulteriormente dalla
circostanza, riferita dai testi, che tre operai della filiale avevano
contratto l'asbestosi ed uno era deceduto) e dalle concrete mansioni svolte
dal Sig…….che anche se di natura impiegatizia per le modalità del loro
espletamento l'hanno esposto all'inalazione di polveri.
Peraltro, non esiste, come invece asserito dalla difesa dell'Inail, alcun
limite di soglia minima di fibre di amianto oltre il quale si determini il
rischio.
Tale limite, infatti, non trova alcun fondamento normativo che sia pertinente
al caso in esame. Del resto, nel senso dell'opzione interpretativa testé
espressa vi è la giurisprudenza della Suprema Corte ed, infine, l'autorevole
suggello della Corte Costituzionale con la sent. n. 5/2000.
Infatti, è stato ritenuto che lo scopo della norma, la quale prevede dei
benefici in termini contributivi - sottoposta al vaglio di costituzionalità -,
alla luce anche dell'evoluzione di tutta la vicenda normativa, sia la finalità
di offrire, ai lavoratori esposti all'amianto per un apprezzabile periodo di
tempo, un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante di
lavorazioni, potenzialmente morbigene.
Pertanto, i due elementi che, secondo la Corte, vanno coniugati ed assurgono,
così a parametro di riferimento, sono l'elemento temporale e l'attività
lavorativa soggetta al sistema di tutela previdenziale (artt. 1 e 3 d.p.r. n.
1124/65) [2].
Peraltro, si tratta di concetti già elaborati dalla giurisprudenza di merito,
ove si era ritenuto che i benefici della norma de qua avessero come loro
presupposto oggettivo quello della individuazione di un periodo minimo di
esposizione, il che implica la connessione con l'attività di lavoro, tale da
elevare il rischio al di sopra di quel rischio diffuso proprio dello amianto e
del suo uso generalizzato fatto in tutti i settori della nostra vita.
Ne consegue, allora, che diviene irrilevante, nella fattispecie in esame la
richiesta di condanna della Società………..al versamento del premio supplementare
in favore dell'Inail, e, pertanto, vanno rigettate le domande formulate in tal
senso dal ricorrente, con conseguente compensazione delle spese.
Del pari, va dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell'Inail, con
spese compensate.
In definitiva, allora, l'Inps va condannato alla rivalutazione dei contributi,
versati in favore del ricorrente, ai sensi e per gli effetti, dell'art. 13,
comma 8, della legge n. 257/1992.
Spese come da dispositivo.
P.Q.M.
Uditi i procuratori delle parti, definitivamente pronunciando sul ricorso
depositato (R.G.5814/96) così provvede:
rigetta la domanda nei confronti della ………… e compensa le spese;
dichiara il difetto di legittimazione passiva dell'Inail e compensa le spese;
condanna l'Inps alla rivalutazione dei contributi, ai sensi dell'art. 3 c. 8,
legge n.257/1992, versati in favore del ricorrente, nonché alla rifusione
delle spese processuali liquidate in Lit. 2.000.000, oltre IVA e CAP da
attribuirsi al procuratore anticipatario.