LA GESTIONE DEL RISCHIO AMIANTO: Analisi critica su procedure e adempimenti

Ing. Sergio Clarelli, Presidente ASSOAMIANTO, www.assoamianto.it, presidente@assoamianto.it

 

 

 

 

Le fasi della gestione del rischio amianto

Gestire il rischio amianto significa affrontare varie fasi di un processo quali: accertarne la presenza in qualsiasi contesto (residenziale, industriale, artigianale, commerciale, pubblico), valutare il rischio correlato a questa presenza, effettuare una corretta manutenzione dei manufatti nei quali è stata accertata tale presenza, progettare interventi di bonifica nel rispetto di specifiche procedure, effettuare appropriate operazioni di bonifica ed eseguire un corretto smaltimento finale. Considerato il grado di rischio per la salute e per l’ambiente, connesso a ciascuna delle suddette fasi, esse devono essere necessariamente gestite da professionisti e imprese, qualificati ed abilitati.

Proprio per questo, la normativa italiana vigente prevede la predisposizione di specifici corsi di formazione professionale, con rilascio di titoli di abilitazione mentre le imprese che intendono svolgere le attività di bonifica da amianto sono obbligate a iscriversi all’Albo nazionale gestori ambientali. Questa deve essere la principale consapevolezza del committente, pubblico o privato, che deve commissionare le suddette attività le quali devono essere attuate tenendo inevitabilmente conto di una serie di elementi come il quadro legislativo in materia, i compiti e gli obblighi dei soggetti coinvolti, le specifiche procedure gestionali inerenti a ciascuna di esse e così via.

 

Le Figure professionali previste dalla legge per le attività di bonifica e smaltimento dell’amianto

La Legge n. 257/1992 e il D.P.R. 8 agosto 1994 prevedono la predisposizione di specifici corsi di formazione professionale, con rilascio di titoli di abilitazione, che vengono articolati in relazione al livello professionale del personale a cui sono diretti:

·    Corsi operativi per Operatori amianto, con una durata minima di trenta ore, rivolti ai lavoratori addetti alle attività di rimozione, smaltimento e bonifica;

·    Corsi gestionali per Coordinatori amianto, con una durata minima di cinquanta ore, rivolti a chi dirige sul posto le attività di rimozione, smaltimento e bonifica.

Il rilascio dei relativi titoli di abilitazione avviene da parte delle regioni o delle province autonome, previa verifica finale dell’acquisizione degli elementi di base relativi alla sicurezza e alla prevenzione del rischio da amianto, con riferimenti specifici all’attività cui saranno addetti i discenti.

In particolare, in base alla normativa italiana, il coordinatore amianto, in possesso del patentino abilitante regionale, rappresenta la figura con il grado più alto di preparazione in materia di gestione del rischio amianto. Questo soggetto può, pertanto, sovraintendere alle attività di bonifica e smaltimento dell’amianto ma anche a quelle di accertamento e valutazione del rischio. Inoltre, qualora in possesso di diploma o laurea tecnica e relative abilitazioni professionali, nonché di abilitazione in qualità di coordinatore della sicurezza come previsto dal testo unico, il coordinatore amianto potrebbe essere preposto, in modo competente e consapevole, non solo al coordinamento della sicurezza in cantieri di bonifica da amianto, ma anche alla progettazione degli interventi di bonifica, specialmente di quelli inerenti ai manufatti contenenti amianto in matrice friabile, che sono i più pericolosi per i quali spesso, anche in ambito pubblico, non viene predisposto un organico progetto di bonifica, corredato degli opportuni e necessari elaborati.

E’ possibile, pertanto, affermare che gli aspetti gestionali inerenti alla presenza di amianto sul territorio, così fortemente antropizzato, hanno tuttora un'importanza primaria, ma devono anche presupporre una fondata competenza del soggetto preposto e una profonda consapevolezza del problema e del relativo rischio da parte dei proprietari e dei responsabili della gestione dei patrimoni edilizi, pubblici e privati.

 

La qualifica delle imprese di bonifica da amianto

Ai sensi dell’articolo 256 del Testo Unico Sicurezza (D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i.), i lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto possono essere effettuati solo da imprese iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali (ex rifiuti), nella categoria 10 “Bonifica dei beni contenenti amianto” e questo obbligo sussiste in Italia dal 15 giugno 2004.

L’impresa iscritta nella suddetta categoria deve avere un Responsabile tecnico in possesso di adeguati requisiti di formazione e di esperienza. Inoltre, l’impresa, in qualità di produttore di rifiuti pericolosi, se obbligata ai sensi del D. M. n. 126 del 24/04/2014, deve essere iscritta al SISTRI - Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti e qualora effettui il trasporto dei rifiuti di amianto prodotti deve avere anche l’iscrizione nella categoria 5 “Raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi” dell’Albo nazionale gestori ambientali.

 

Gli obblighi di legge sul censimento amianto

Riconosciuta la pericolosità dell’amianto ed in attuazione di specifiche Direttive CE, lo Stato Italiano con la Legge n. 257 del 27 marzo 1992 ha dettato norme per la cessazione dell'impiego e per il suo smaltimento controllato.

Questa legge prevede tra l’altro il censimento degli edifici nei quali sono presenti materiali o prodotti contenenti amianto libero o in matrice friabile, con priorità per gli edifici pubblici, per i locali aperti al pubblico o di utilizzazione collettiva e per i blocchi di appartamenti.

Anche il DPR 8 agosto 1994 prevede il censimento degli edifici nei quali sono presenti materiali o prodotti contenenti amianto libero o in matrice friabile. A tal fine occorre fornire almeno i seguenti elementi informativi: dati relativi al proprietario dell'edificio, dati relativi all'edificio, dati relativi ai materiali contenenti amianto.

Finora sono non molti i Comuni, le Province e le Regioni che hanno eseguito o fatto eseguire un censimento diffuso dei manufatti contenenti amianto in edifici sia pubblici sia privati.

Per quanto riguarda questi ultimi, il più delle volte, gli Enti che vi hanno provveduto, hanno scelto la strada dell’autocertificazione nel senso che hanno predisposto delle schede da far compilare ai cittadini e successivamente da restituire. Personalmente, lo scrivente non ritiene che questa sia la scelta più appropriata in quanto indagare sulla presenza di amianto nell’ambito di un edificio, sia esso pubblico o privato, ed accertarne l’effettiva presenza in materiali sia friabili sia compatti è compito che non può essere affidato a chiunque in quanto a tal fine sono strettamente necessarie conoscenze specifiche che ha soltanto chi ha seguito un corso ad hoc di formazione o almeno di informazione (e la legge prevede, come visto, specifici corsi di formazione).

 

L’accertamento della presenza di amianto

Accertare la presenza di amianto in un edificio, sia esso privato o pubblico, è il primo obbligo per il proprietario e/o il gestore delle attività perché solo così si può essere certi di privilegiare la protezione delle persone e dell’ambiente, senza incorrere in esposizioni inconsapevoli al rischio amianto.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 248 del Testo Unico Sicurezza, i datori di lavoro, prima di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione, hanno l’obbligo di adottare qualsiasi misura necessaria per l’individuazione della presenza di materiali a potenziale contenuto di amianto, eventualmente chiedendo informazioni ai proprietari dei locali.

In caso di minimo dubbio sulla presenza di amianto in un materiale o in una costruzione, è necessario applicare le disposizioni previste dalla normativa vigente per i manufatti contenenti amianto.

La ricerca della presenza di amianto dovrebbe essere affidata a personale tecnico esperto e adeguatamente formato, come ad esempio a un “coordinatore amianto” abilitato, come visto, ai sensi della Legge n. 257/1992 e D.P.R. 8 agosto 1994, perché solo questo soggetto potrà effettuare una ricerca mirata essendo in possesso di adeguate conoscenze sia circa gli ambiti ove è presente il rischio amianto sia relativamente alle tipologie di manufatti sospettati di contenere amianto; non a caso, il suo compito prevede, innanzitutto, l’individuazione delle strutture sospette e, a seguire, la predisposizione di uno specifico protocollo procedurale che preveda anche campionamenti dei materiali ed eventualmente monitoraggi ambientali.

Solo in questo modo, è possibile attuare criteri e procedure finalizzate a garantire una sufficiente rappresentatività dei campioni, evitando, oltre che l’esposizione dell’operatore, la contaminazione dell’ambiente circostante mediante l’adozione di appropriate procedure operative. I campioni devono essere in seguito trasmessi a un laboratorio specialistico autorizzato che procederà all’accertamento dell’eventuale presenza di amianto, della tipologia del medesimo, nonché eventualmente anche del dato quantitativo (percentuale in peso) sul contenuto.

 

Le compravendite immobiliari e la presenza di amianto

E’ importante che quando si trasferisca la proprietà di manufatti contenenti amianto si trasferisca anche la valutazione del rischio amianto effettuata in quanto è tale valutazione un preciso obbligo previsto dal D. M. 06/09/1994, ovvero un fascicolo che contempli la presenza di amianto nell’edificio e il suo stato di conservazione. In Italia la normativa non prevede nulla in questione. Alla Conferenza governativa sul tema “Amianto e patologie correlate: stato dell’arte e prospettive”, svoltasi dal 22 al 24 novembre 2012 a Venezia, ASSOAMIANTO ha proposto di prevedere, per le compravendite immobiliari, la certificazione attestante l’eventuale presenza di manufatti contenenti amianto e relativa valutazione del rischio ex D.M. 6 settembre 1994.

Il Piano Nazionale Amianto, edizione marzo 2013, “Linee di intervento per un’azione coordinata delle amministrazioni statali e territoriali”, scaturito dalla suddetta Conferenza, approvato dal Consiglio dei Ministri il 21 marzo 2013, presentato al pubblico l’8 aprile 2013 e poi sottoposto al vaglio della Conferenza Stato-Regioni, ma non ancora attuato, ha recepito tale proposta, anche se in misura ridotta, precisando che “…si propone, per le compravendite immobiliari, l’obbligo di certificazione attestante la presenza o assenza di manufatti contenenti amianto nell’edificio.

 

La Figura responsabile rischio amianto ex D.M. 06/09/1994

Questa è una Figura, nominata dal proprietario dell’immobile e/o dal responsabile dell'attività che vi si svolge, con compiti di controllo e coordinamento di tutte le attività manu­tentive che possono inte­ressare i materiali di amianto. Essa è pertanto certamente rilevante per la gestione del rischio amianto in qualsiasi contesto, introdotta dal D.M. 06/09/1994 ma per la quale il Legislatore nazionale non ha previsto alcuna formazione.

Questo non è affatto accettabile, visti gli importanti compiti a cui tale Figura è preposta, i quali presuppongono necessariamente competenze e conoscenze specifiche.

Solo qualche regione ha previsto per questa Figura una formazione obbligatoria. Un tale obbligo andrebbe esteso all’intero territorio nazionale come da anni proposto dalla nostra Associazione.

Il 21 Settembre 2012, a Ferrara ASSOAMIANTO ha tenuto il Seminario Nazionale, Evento Speciale di RemTechExpo 2012,

sul tema “Competenze, funzioni e compiti della Figura Responsabile Amianto, di cui al Decreto Ministeriale 06/09/1994”, nel corso del quale sono state illustrate le criticità connesse con questa Figura ed è stata ribadita la stretta necessità di istituzionalizzare la formazione specifica per tale Figura.

Il Piano Nazionale Amianto ha recepito tale proposta prevedendo l’ ”istituzione di specifico patentino per la figura del Responsabile Amianto…”.

 

La valutazione del rischio amianto

Una volta accertata la presenza di amianto, è necessario eseguire la valutazione del rischio, ai sensi del Decreto del Ministero della Sanità 6 settembre 1994. Esso stabilisce che, per la valutazione della potenziale esposizione a fibre di amianto del personale presente nell’edificio, sono utilizzabili due tipi di criteri:

·    L’esame delle condizioni dell’installazione, al fine di stimare il pericolo di un rilascio di fibre dal materiale;

·    La misura della concentrazione delle fibre di amianto aerodisperse all’interno dell’edificio (monitoraggio ambientale).

Inoltre, occorre fornire indicazioni circa la eventuale possibilità che l’amianto possa deteriorarsi o essere danneggiato nel corso delle normali attività.

Questo è quanto prescrive la normativa specifica. Invece, in Italia, per la valutazione del rischio amianto sono stati adottati algoritmi da vari organismi e molto spesso questi algoritmi consentono una valutazione abbastanza approssimativa del delicato e importante rischio amianto. Purtroppo frequentemente nel nostro Paese, questi algoritmi, ancorché non previsti dalla legge vigente, sono considerati in piena sostituzione della valutazione ex D.M. 06/09/1994. Questo principio non è accettabile anche perché questi algoritmi presentano un alto grado di soggettività.

 

Lo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto

Ai sensi del Decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio 27 settembre 2010, i rifiuti di amianto o contenenti amianto (RCA) possono essere conferiti esclusivamente nelle seguenti tipologie di discarica:

·    discarica per rifiuti pericolosi, dedicata o dotata di cella dedicata;

·    discarica per rifiuti non pericolosi, dedicata o dotata di cella monodedicata, nella quale possono essere conferiti sia i rifiuti individuati dal codice CER 170605 (materiali da costruzione contenenti amianto) sia le altre tipologie di rifiuti contenenti amianto, purché sottoposti a processi di trattamento ai sensi di quanto previsto dal D.M. n. 248/2004 e con valori conformi indicati nel D.M. 3 agosto 2005, verificati con periodicità stabilita dall'Autorità competente presso l'impianto di trattamento.

Inoltre, il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, di concerto con i Ministeri della Salute e delle Attività Produttive, 29 luglio 2004, n. 248, in vigore dal 20 ottobre 2004, disciplina le modalità di trasporto e deposito dei rifiuti di amianto, nonché il trattamento, l’imballaggio e la ricopertura di questi rifiuti nelle discariche. In particolare, esso prende in considerazione anche i processi di trattamento finalizzati alla totale trasformazione cristallochimica dell’amianto, rendendo così possibile il suo riutilizzo prevedendo la possibilità dell’implementazione nel nostro Paese degli impianti di inertizzazione dell’amianto.

 

Le principali criticità connesse allo smaltimento tradizionale dei rifiuti contenenti amianto

Lo smaltimento dell’amianto nei centri di stoccaggio temporaneo e nelle discariche autorizzate presenta criticità quali:

·    Quasi assenza sul territorio nazionale di discariche per rifiuti pericolosi;

·    Rilevante penuria di discariche per rifiuti non pericolosi prevalentemente al Sud;

·    Assenza di centri di stoccaggio in alcune regioni;

·    Smaltimento a centinaia di chilometri di distanza con aggravi rilevanti di rischi e di costi;

·    Gestione non sempre corretta dei Codici CER da parte degli impianti di smaltimento;

·    In Italia costi di smaltimento amianto superiori a quelli praticati all’Estero.

 

Lo studio di ASSOAMIANTO sui brevetti relativi agli impianti di inertizzazione dell’amianto

Il 30 Settembre 2011, a Ferrara ASSOAMIANTO ha tenuto il Seminario Nazionale, Evento Speciale di RemTechExpo 2011,

sul tema “Amianto: l‘Italia è pronta su scala nazionale all'impiego delle tecnologie innovative di smaltimento, in sostituzione della discarica?”, nel corso del quale sono emerse e sono state illustrate le criticità connesse con questi impianti. Il 12 dicembre 2013, a Roma, presso la sede dell’Istituto Superiore di Sanità, si è tenuto il Convegno nazionale “Il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto: situazione italiana” durante il quale ASSOAMIANTO, invitata a partecipare, ha presentato un proprio studio sui brevetti relativi agli impianti di inertizzazione dell’amianto rilevando che, alla data del 30 novembre 2013, sono stati registrati:

·    35 brevetti presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi di cui:

v   34 da parte di soggetti italiani con inventori italiani;

v   1 registrato da parte di una società estera (GB) con inventore estero;

·    13 brevetti da parte di soggetti italiani presso l’Ufficio europeo dei brevetti (European patent office).

I dati riportati nella Relazione di ASSOAMIANTO sono i seguenti:

·    Per i brevetti registrati presso l’U.I.B.M.: numero progressivo, soggetti titolari del brevetto, nominativi degli inventori, titolo del brevetto, data del deposito, numero della domanda presentata, data di pubblicazione del brevetto, data e numero del brevetto rilasciato;

·    Per i brevetti registrati presso l’E.P.O.: numero progressivo invenzione, nominativo del richiedente, nominativi inventori, titolo invenzione, numero della domanda, data del deposito, data di priorità, numero e data pubblicazione ed eventuali note.

In tale occasione ASSOAMIANTO pur essendo favorevole all’implementazione di questi impianti di inertizzazione dell’amianto, che in Italia non sono operanti, ne ha messo in luce ancora una volta le rilevanti criticità sostanzialmente legate a carenze nella normativa vigente, alla incompleta definizione degli appropriati procedimenti industriali e alla scarsa cura dell’impatto sulla collettività.

A proposito di questi impianti, il Piano Nazionale Amianto recependone l’importanza della loro attuazione, ha precisato che “…devono essere emanati i relativi decreti applicativi. Allo stato non esistono sul territorio nazionale impianti operativi di tale tipologia”.

Infine, la Risoluzione del Parlamento europeo 2012/2065(INI) del 14 marzo 2013 dal titolo “Minacce per la salute sul luogo di lavoro legate all'amianto e prospettive di eliminazione di tutto l'amianto esistente” esprime una marcata preferenza per questi impianti perché:

·    Non ritiene il conferimento dei rifiuti contenenti amianto in discarica un sistema sicuro;

·    Sostiene che gli impianti di inertizzazione sono di gran lunga preferibili;

·    Invita la Commissione Europea a promuovere in tutto il territorio dell'Unione la realizzazione di centri di trattamento e inertizzazione dei RCA, prevedendo la graduale cessazione di ogni conferimento in discarica di questi rifiuti;

·    Propone di adottare misure, con il consenso dei cittadini interessati, volte a promuovere e sostenere tanto la ricerca nell'ambito delle alternative ecocompatibili quanto le tecnologie che se ne avvalgono, nonché a garantire procedimenti quali l'inertizzazione dei RCA;

·    Sottolinea che tali rifiuti devono essere smaltiti esclusivamente in specifiche discariche per rifiuti pericolosi, in conformità della DE 1999/31/CE, o, previa autorizzazione, essere trattati in appositi impianti, testati e sicuri, di trattamento e inertizzazione e che la popolazione interessata deve essere informata al riguardo.